lunedì 20 novembre 2017

Tutti per uno, uno per tutti?

Oggi ho deciso di buttare giù un po' di pensieri, magari non pienamente organici, a seguito di un episodio personale che mi è accaduto un po' di tempo fa e che riguarda una delle cosiddette "centrali di acquisto".
Sull'episodio in particolare sarò molto vago, perché persone che stimo profondamente hanno addirittura avuto qualche problema all'interno delle aziende per le quali lavorano. 
Vi dico solo che la questione è nata per una mia battuta fatta su un gruppo Whatsapp di svago (il termine più corretto sarebbe "cazzeggio", ma lasciamo "svago"): già a sentirla così, fa ridere abbastanza, senza aggiungere tanto altro.



Questa situazione paradossale mi ha fatto profondamente riflettere su quanto sia fragile il sistema della centralizzazione degli acquisti in Italia. Un sistema che viene osannato continuamente da chi vi è all'interno (con clamore a volte surreale), ma che viene invece criticato spesso ferocemente dagli addetti ai lavori, da chi cioè poi si ritrova ad utilizzare tutti i giorni i beni e servizi acquistati da queste centrali.
La fragilità è tanta che una centrale si dimostri talmente insicura del proprio operato e preoccupata dai propri processi interni da spaventarsi per un messaggio whatsapp mandato su un gruppo di amici, anche se ingegneri clinici, che scherzano. Qualcuno ha addirittura parlato di intervento della Procura della Repubblica! Mi sono sentito per un attimo paragonato ai grandi autori di satira, minacciati continuamente di querela dai potenti di turno, con la differenza che la mia battuta non aveva per niente mordente satirico (era pura caciara) e di sicuro chi si è sentito "turbato" da tutto questo si è dimostrato tutt'altro che "potente". Anzi ci ha fatto davvero una pessima figura.


Ma la riflessione che voglio fare, tuttavia, è un'altra: voglio rivolgere un pensiero di solidarietà, davvero sincera, a tutti i colleghi che lavorano all'interno delle centrali di acquisto, che si tratti di centrale nazionale o centrali regionali, davvero poco importa. Il mio pensiero va alla forzata vita di clausura e di ascetismo, alla quale, loro malgrado, sono costretti.

Vi racconterò la storia di Antonio (ndr. nome di fantasia).
Antonio studia all'università, Ingegneria Biomedica. Ha un sacco di amici all'università, con alcuni ha legato molto e spera di tenersi in contatto con loro anche dopo la laurea, a prescindere dai percorsi che prenderanno, perché c'è stima e rispetto reciproco. Ad esempio con Francesco (ndr. nome di fantasia).
Ma Antonio, "purtroppo", trova lavoro all'interno di una di queste centrali e Francesco invece in un'azienda privata che offre servizi alla Pubblica Amministrazione. Antonio e Francesco all'inizio continuano a sentirsi, sono amici. Del resto giocavano insieme a calcetto, a carte, uscivano insieme la sera a bersi una birra. Un giorno però, in ufficio, qualcuno fa notare ad Antonio che magari non è "opportuno" che egli continui a vedere Francesco, perché Francesco lavora in un'azienda che potrebbe partecipare a gare indette dalla centrale. Antonio è un po' perplesso, non riesce a capire bene cosa significhi. Non riesce a capire cosa c'entri il lavoro, e il fatto che lui continui ad essere onesto e integro come è sempre stato, con l'uscire con un amico di vecchia data. Davvero si ha così tanta scarsa stima di lui e si pensa che Antonio non sappia qual è il limite da non superare nelle chiacchiere con Francesco? Davvero si pensa che Antonio non abbia chiaro il suo ruolo e quali quindi sono gli obblighi e le responsabilità alle quali è soggetto? Davvero nessuno crede che Antonio abbia un minimo di giudizio e onestà intellettuale che lo porti a discernere di cosa può parlare e cosa invece è argomento riservato? All'inizio non dà tanto peso a queste parole, ma sente che c'è una forte pressione su di lui. Inoltre, un altro amico universitario di vecchia data, Gianluca (ndr. nome di fantasia), lo chiama e gli dice che sta organizzando un evento con l'università nel quale vorrebbe che alcuni ex studenti raccontassero la propria esperienza professionale. E sarebbe davvero molto interessante ascoltare uno degli ingegneri biomedici che è andato a lavorare presso una centrale di acquisti. Antonio però è preoccupato. Sebbene l'invito sia stato fatto a nome personale e non aziendale, decide di chiedere lo stesso l'autorizzazione alla sua azienda che gli fa capire, però, che la cosa potrebbe essere "inopportuna". E così Antonio, a malincuore, declina l'invito.
A poco a poco Antonio sparisce completamente dal giro lavorativo dei suoi ex colleghi ingegneri, evita di andare ai convegni, alle riunioni della loro associazione, evita perfino gli eventi ludici ed extra-lavorativi, per la paura, ormai diventata terrore, che qualcuno possa associare il suo comportamento a qualcosa di "inopportuno". Gli hanno anche fatto capire che probabilmente il suo cellulare è sotto controllo, come del resto tutti i cellulari di quelli che lavorano per le centrali di acquisto o per le pubbliche amministrazioni in generale. Alla fine Antonio si dedica completamente alla sua scelta di ascetismo, pur di stare tranquillo.



Ovviamente ho romanzato un po' la storia, nel mio stile. Ma io lo comprendo perfettamente Antonio. Cosa ci si dovrebbe aspettare del resto in un paese nel quale il codice degli appalti viene fondato sull'anti-corruzione? In un paese dove, chi lavora per nome e per conto della Pubblica Amministrazione, è un presunto colpevole e ogni atto che deve fare ogni giorno deve essere teso a dimostrare che è invece innocente? Esserlo, innocente, è chiaro che non basta più. Essere integri, fare con professionalità il proprio lavoro e quindi poi avere la libertà di poter fare il cazzo che si vuole nel proprio tempo libero (perdonatemi, mi è scappato, mi sono per un attimo infervorato), non è più consentito. Non importa essere onesti, è diventato un dettaglio irrilevante, bisogna però assolutamente non essere inopportuni.
In un paese normale il diritto amministrativo dovrebbe disciplinare il codice degli appalti e il diritto penale dovrebbe sancire sanzioni e pene per i corruttori, ma non in Italia.
In Italia siamo tutti "mariuoli" a prescindere, a maggior ragione se ci troviamo nella condizione di gestire denaro pubblico.

Cari amici e colleghi che lavorate all'interno delle centrali di acquisto, avete davvero tutta la mia solidarietà.