domenica 1 giugno 2014

Il paradigma "Full Risk"

Quando, tempo fa, cominciai ad occuparmi dei primi contratti di manutenzione, la domanda che mi veniva posta, alla fine, da parte del servizio di acquisizione beni e servizi della mia azienda era sempre: "Ma è Full Risk, vero?". Full Risk, due parole che dovevano avere per gli amministrativi uno strano potere ansiolitico, perché alla mia risposta: "Si, è Full Risk" seguiva una distensione muscolare generale oltre ad un sorriso di profonda approvazione.
Per chi fosse a digiuno del significato che solitamente viene dato a questa locuzione "assicurativa" nell'ambito dei contratti di manutenzione, spiego che un contratto Full Risk è quello che normalmente copre tutti i costi della manutenzione, dalle spese di manodopera e trasferta (normalmente coperte anche dai contratti non Full Risk), fino alle spese necessarie per gli eventuali ricambi.
Una polizza Kasko, in altre parole.



Da pivello, all'inizio, la soddisfazione del personale amministrativo mi bastava e mi avanzava. Chiudevo la pratica e, nell'eterna costante emergenza nella quale purtroppo oggi vive la Pubblica Amministrazione, aprivo semplicemente la successiva.
Dopo qualche tempo però ho cominciato a farmi delle domande.
In ogni contratto assicurativo c'è qualcuno che "vince" e qualcuno che "perde". Tutti noi stipuliamo una polizza RC per i nostri veicoli. Lasciando stare gli eventuali feriti e il vortice malvagio del meccanismo bonus-malus, possiamo semplificare dicendo che vince la compagnia assicurativa se il premio versato da noi è superiore ai risarcimenti che la compagnia dovrà pagare. Viceversa, nel caso ci capitasse la sventura di tamponare una Ferrari 458, la compagnia probabilmente risarcirà qualcosa in più del premio che le versiamo.



Così ho cominciato ad applicare il ragionamento ai contratti "Full Risk". E' chiaro che la soddisfazione dei miei amministrativi era dovuta alla sensazione (per non dire "illusione") di barattare un costo più alto con una maggiore serenità. Pago di più ma dormo sonni tranquilli. Anche la certezza della spesa rientra in questa serenità. Sapere che il contratto non avrà fluttuazioni, ma varrà sempre 100, mi consente di programmare meglio le mie spese.
La prima cosa che però mi ha ovviamente insospettito è stata la tendenza dei fornitori ad offrire principalmente contratti Full Risk. Quello che conviene alla "compagnia assicurativa" ho pensato, probabilmente non conviene a me. Il sospetto è diventata certezza, quando alcuni fornitori hanno cominciato a farmi problemi su alcuni contratti Full Risk perché le apparecchiature erano troppo obsolete. Del resto quale compagnia assicurativa stipulerebbe una polizza vita ad una persona molto anziana?

Teoricamente, dal punto di vista strettamente tecnico, il discorso è alla fine semplice: si tratta di valutare l'obsolescenza delle apparecchiature, l'indice di guasto, il costo medio pesato dei ricambi per tirare fuori uno score che stabilisca la convenienza o meno dello stipulare un contratto che copra tutto, o, in altri termini, di calcolarne il canone. Il problema è che questi dati sono principalmente in possesso del fornitore e non dell'azienda che ha il bene da "assicurare". E anche nel caso di aziende virtuose, con un sistema interno gestionale che tenga traccia di tutto, si hanno a disposizione ovviamente solo i dati relativi al proprio installato, mentre il fornitore ha sicuramente dati "migliori", avendo a disposizione i dati riguardanti l'intero installato mondiale.
La mia conclusione è stata che, spesso, quello che mi suggerisce il fornitore alla fine conviene sempre a lui, con ampio margine.

Ho cominciato allora a fare degli esperimenti. Mi sono fatto formulare delle offerte per i contratti di manutenzione, su apparecchiature di media tecnologia, che contemplassero solo la matenunzione preventiva e illimitate correttive a chiamata, ma ricambi eventuali esclusi. Ho così stimato in circa il 35-40% la riduzione del contratto. In altre parole, detto 100 il canone per un contratto Full Risk, il canone per un contratto non Full Risk era in media 60-65.
Ho quindi elaborato da solo un Case Study teorico: i defibrillatori. Ho cominciato a ragionare in termini molto semplici: se avessi un solo defibrillatore pagherei 100 punti per stare tranquillo o 65 punti sperando che non succeda nulla, o che almeno si rompano ricambi il cui costo non superi 35 punti? Mi sono risposto che questa non è ingegneria clinica, ma gioco d'azzardo. Qualunque ragionamento diventa inapplicabile sul singolo pezzo. Se però in azienda ho 50 defibrillatori, il discorso cambia. E cambia moltissimo. Pur non conoscendo io con esattezza l'indice di guasto dei miei defibrillatori, posso facilmente "scommettere" che avrò probabilmente, in un anno, un guasto sul 10% dei defibrillatori (un semplice dato storico). Si tratta quindi di stimare se la differenza tra l'aver "assicurato" tutti i 50 defibrillatori (100x50=5000 punti) e l'aver invece stipulato un contratto ricambi esclusi, non Full Risk (50x65=3250 punti), e quindi alla fine 1750 punti, basterà a coprire il costo dei ricambi per 5 defibrillatori guasti.
Qualcuno potrebbe obiettare che i livelli di servizio legati ad un contratto Full Risk sono migliori di un contratto non Full Risk, ad esempio in termini di tempi di risoluzione guasto. Ma è un'obiezione che non trova fondamento: se il contratto è identico al primo con la sola esclusione dei ricambi, a parte magari il tempo di un'eventuale autorizzazione ad eseguire la riparazione (che si riduce molto semplicemente autorizzando implicitamente tutti i ricambi al di sotto di una certa soglia), il tempo di risoluzione guasto resta legato principalmente al tempo di approvvigionamento del ricambio, che non cambia nelle due tipologie di contratto, e che rappresenta il collo di bottiglia maggiore. Inoltre spesso è possibile negoziare uno sconto fisso sul costo di listino del ricambio, in fase contrattuale, rendendo il contratto complessivo ancora meno oneroso.



Concludendo, il semplice porsi queste domande (badate bene, porsi le domande, non avere necessariamente tutte le risposte) è alla base della differenza tra l'avere un servizio di ingegneria clinica all'interno delle aziende e non averlo. Si tratta alla fine di valutazioni di opportunità che fanno parte endemicamente della nostra professione.

3 commenti:

  1. Grazie mille Ester. Certo, l'ho scritto nel 2014. Oggi aggiungerei molto altro, soprattutto dopo tutto quello che è successo alla gestione della manutenzione in questi anni.
    Ancora grazie.

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  2. Un articolo chiaro e molto interessante! Complimenti :)

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