lunedì 9 giugno 2014

Nel labirinto delle definizioni

Qualche tempo fa mi è successa una cosa singolare, che ha rafforzato la mia ipotesi riguardo al fatto che su argomenti come conformità CE, direttive, norme tecniche, classificazione nazionale dei dispositivi, ecc., ci sia ancora confusione. Sicuramente ce n'è ancora per me, così approfitto per schiarirmi le idee condividendole sul blog.
L'episodio in questione è il seguente: dovevo effettuare un collaudo di un frigorifero "biologico" (le virgolette sono assolutamente volute) nel mio reparto di Microbiologia. Nel plico di documentazione che mi fornisce il fornitore c'è una dichiarazione di conformità. In un unico foglio di carta intestata del fabbricante (fornitore e fabbricante sono in questo caso ditte diverse), è riportata la conformità del modello del frigorifero in questione alle direttive 2006/42/CE, 2006/95/CE, 2004/108/CE e 93/42/CE.
Sgrano gli occhi. Leggo meglio.
2006/42/CE, direttiva macchine. Ok.
2006/95/CE, direttiva bassa tensione. Ok.
2004/108/CE, direttiva compatibilità elettromagnetica. Ok.
93/42/CE, direttiva dispositivi medici. Cosa?



Chiedo allora al fornitore di confermarmi che il frigorifero in questione fosse stato effettivamente certificato come Dispositivo Medico ai sensi della 93/42/CE e, come purtroppo spesso accade, il fornitore cade dalle nuvole, come se io stessi parlando un'altra lingua. "Ingegnere, noi diamo sempre questo foglio, non ci hanno mai fatto problemi". Certo, neanche io voglio passare per quello che "fa problemi", quindi completo l'analisi della documentazione, ma rimando il collaudo a dopo che avrò avuto un chiarimento con la casa costruttrice.
Scrivo quindi un'e-mail al costruttore chiedendo conferma della dichiarazione di conformità. Scrivo anche che gradirei, nel caso mi confermassero che trattasi di Dispositivo Medico, il codice CND e il numero di Repertorio. Il costruttore, in tempi record, devo ammetterlo, mi risponde che effettivamente il frigorifero in questione non è certificato come Dispositivo Medico e che nella dichiarazione è riportata la 93/42/CE perché loro producono anche frigoemoteche che sono Dispositivi Medici in classe IIa. Faccio semplicemente notare che sulla loro dichiarazione è riportato solo il modello di frigorifero in questione e non un elenco di apparecchi e li invito a fare maggiore attenzione nella redazione delle loro dichiarazioni. Non entro eccessivamente in polemica, essendo io fondamentalmente un "amante della pace", come diciamo a Napoli, ma avrei voluto far notare con forza che quella dichiarazione costituiva a tutti gli effetti un falso.
Sono stato tollerante soprattutto per il fatto che io personalmente ho sbattuto la testa su questioni come queste tantissime volte. In alcuni casi senza venirne completamente a capo.

Cominciamo dall'inizio.
C'era una volta la Norma Tecnica CEI 62-5 (fine anni 80). Con questa norma si è introdotta la definizione di Apparecchiatura Elettromedicale. Questa norma poi negli anni viene aggiornata, viene armonizzata e ce la ritroviamo internazionale con la sigla IEC 60601-1. Questa norma tecnica introduce i concetti riguardanti la progettazione e la produzione in sicurezza delle apparecchiature elettriche ad uso medico.
La definizione di Apparecchiatura Elettromedicale presente in questa norma è la seguente:
“Apparecchio elettrico, munito di non più di una connessione ad una particolare rete di alimentazione, destinato alla diagnosi, al trattamento o alla sorveglianza del paziente sotto la supervisione di un medico, e che entra in contatto fisico od elettrico con il paziente e/o trasferisce energia verso o dal paziente e/o rileva un determinato trasferimento di energia verso o dal paziente. L’apparecchio comprende quegli accessori, definiti dal costruttore, che sono necessari per permetterne l’uso normale dell’apparecchio”.

Ma cos'è una Norma Tecnica CEI? Che valore ha questa definizione?
Una legge del '68 stabilisce che il Comitato Elettrotecnico Italiano fosse tra quegli organismi in grado di emanare Norme Tecniche, seguendo le quali, ci si potesse fregiare della dicitura "Eseguito a regola d'arte". Lo scenario quindi è quello di un fabbricante che ha di fronte una scelta: costruire un'apparecchiatura rispettando tutte quelle che sono le indicazioni della CEI 62-5, o no. Nel primo caso, potrà scrivere nel manuale "costruito a regola d'arte" (o più semplicemente conforme alla Norma tecnica CEI 62-5), nel secondo caso non potrà ovviamente scriverlo. Ma potrà vendere l'apparecchiatura? E un operatore sanitario potrà utilizzarla?

Sono chiaramente dubbi legittimi e occorre una vera e propria legge che regolamenti un aspetto del genere, perché una Norma tecnica, per quanto ben fatta e sensata, resta pur sempre un'indicazione e non un obbligo.

Seguendo quella che era la necessità di regolamentare questi aspetti, nel 1993, la Comunità Europea, emana una direttiva, la 93/42/CEE. La celeberrima "Direttiva Dispositivi Medici". Ma una direttiva CE è legge? Beh, non proprio. Una direttiva CE è un accordo che vale tra la Comunità Europea e gli Stati Membri, per armonizzare le leggi tra i diversi Stati, ma non agisce direttamente sul diritto degli Stati. Gli Stati devono recepire la direttiva con una loro legge, ma finché non lo fanno, quello che è scritto nella direttiva non è di fatto ancora legge. In Italia ci mettiamo un po' di tempo, ma nel 1997 con il Decreto Legislativo 46/97 rendiamo la direttiva 93/42/CEE una legge dello Stato. Anche questa direttiva poi con il tempo viene aggiornata, oggi è la 2007/47/CE (recepita in Italia con il Decreto Legislativo 37/2010).
In ogni caso, dopo i vari recepimenti, parliamo di "legge dello Stato", non tanto di "consigli" o "prescrizioni".

La Direttiva DM introduce una nuova definizione, quella di Dispositivo Medico, appunto (cito direttamente l'ultima, quella della 2007/47/CE):
"Qualunque strumento, apparecchio, impianto, software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software destinato dal fabbricante ad essere impiegato specificamente con finalità diagnostiche o terapeutiche e necessario al corretto funzionamento del dispositivo, destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull'uomo a fini di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia; di diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di studio, sostituzione o modifica dell'anatomia o di un processo fisiologico; di intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l'azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi;"

Questa definizione contiene moltissimi spunti interessanti. Il primo è che finalmente si capisce chi decide se qualcosa è o non è un Dispositivo Medico: questo "chi" è il "fabbricante". Su questo vorrei davvero spendere una parola in più. A volte, con molti colleghi si cade nella discussione se qualcosa sia o non sia Dispositivo Medico. Ma è una discussione posta male. E' il fabbricante che decide la destinazione d'uso dell'oggetto che produce, non un soggetto terzo, ne l'oggetto in sè possiede l'investitura di Dispositivo Medico a prescindere. Non è la parola "bisturi" ad identificare il bisturi come Dispositivo Medico in "assoluto". E' un fabbricante X che ne dichiara la destinazione d'uso e segue passo passo le procedure descritte nella direttiva per ottenere la conformità del suo prodotto. Un fabbricante Y potrebbe costruire bisturi per uso ornamentale o per l'intaglio del legno o delle stoffe e quindi di fatto produrre degli oggetti dalla forma e dal funzionamento molto simile ad un bisturi "medico", ma che non sono Dispotivi Medici. E chiaramente non sono illegali in sè. Non riporteranno di certo la conformità alla 93/42/CEE, ma non per questo non potranno essere venduti. Appare chiaro che la responsabiltà sul fatto che un chirurgo possa utilizzare un taglierino per il cartone al posto di un bisturi DM, in sala operatoria, non potrà mai ricadere sul fabbricante del taglierino di cartone. Diverso (ma più ovvio) il caso di chi spaccia un prodotto per Dispositivo Medico, ma poi non ha la conformità CE ai sensi della 93/42/CEE. In questo caso siamo in presenza di una grave, ma semplice, frode.
E' possibile fare esempi un po' meno "surreali" approfittando del fatto che la 2007/47/CE ha introdotto il concetto di Software Dispositivo Medico, rispetto alla 93/42/CEE: un software che mi permette di visualizzare le immagini in formato DICOM, prelevandole da un PACS o da un DVD, è un Dispositivo Medico? Deve esserlo? Come detto prima le domande sono malposte. La domanda giusta è "Questo software X che voglio usare per refertare le immagini radiologiche, e quindi per fare diagnosi, è stato destinato dal fabbricante per questo uso e di conseguenza risulta certificato come Dispositivo Medico?". Non sono certo illegali tutti i visualizzatori DICOM che sono liberamente scaricabili dal web. Non è neanche illegale utilizzarli per visualizzare immagini mediche. Certo, non si possono vendere come Dispositivi Medici ne tantomeno utilizzare come Dispositivi Medici. E qualora un utilizzatore decida consapevolmente di utilizzare un dispositivo non certificato come Dispositivo Medico a fini di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione, deve capire bene che il fabbricante di quel dispositivo non è in alcun modo responsabile delle possibili conseguenze nefaste.

Appare poi subito evidente come la definizione di DM sia molto ampia, si va dal cerotto al tunnel di lavaggio. Molto più ampia di quella che era la definizione di Apparecchiatura Elettromedicale della 62-5. Quello che non è altrettanto evidente in alcuni casi è l'allineamento tra direttive e norme tecniche.


Il disegno che vedete è un mio disperato tentativo di mettere in ordine le idee sull'argomento. Non ha certo la presunzione di essere un punto di riferimento, quindi invito tutti a guardarlo con profondo senso critico.
L'intero cerchio bianco è l'insieme di tutti i dispositivi e apparecchi ad uso medico nel senso più largo del termine. In senso antiorario troviamo innanzitutto i DM secondo la 2007/47/CE, poi troviamo gli IAD (Dispositivi Impiantabili Attivi) ai sensi della 90/385/CEE e infine gli IVD (Dispositivi Diagnostici in Vitro) ai sensi della 98/79/CEE. Queste 3 direttive si autoescludono proprio all'interno dei loro testi, quindi possiamo considerarli insiemi senza intersezione: un dispositivo o è un DM, o è un IAD o è un IVD, o non appartiene a nessuna delle 3 tipologie.

A questo punto ho provato a sovrapporci sopra le tre principali Norme Tecniche di riferimento, la IEC 60601-1 (Apparecchiature Elettromedicali, CEI 62-5), la UNI CEI EN 45502-1 (poi standardizzata ISO 14708-1, Dispositivi elettrici impiantabili attivi, CEI 62-104) e IEC 61010-1 (Apparecchi elettrici di misura, controllo e per utilizzo in laboratorio, CEI 66-5).

Prima di fare alcuni esempi, in modo da capire meglio quali apparecchiature possano appartenere ai vari "settori", aggiungo un ulteriore spunto, aggiuntiva fonte di scompiglio (almeno lo è stata all'inizio per me): la Classificazione Nazionale dei Dispositivi, nota semplicemente come CND, del Ministero della Salute.
Fino al 2008, l'Osservatorio per i Prezzi e le Tecnologie, abbreviato in OPT, monitorava, insieme al Ministero e ai costruttori, le varie tecnologie attraverso una codifica che è rimasta ancora oggi nella mente degli ingegneri clinici, il codice CIVAB. La forza del codice CIVAB è nel fatto che si tratta di un codice parlante. E' un codice composto da 6 lettere fisse, nel quale le prime tre lettere identificano la tipologia di apparecchiatura e le ultime 3 il costruttore, seguite da un gruppo di caratteri alfanumerici che identifica il modello. La sigla VPO, così come tante altre, è entrata per molti ingegneri anche nel parlare comune ad identificare i ventilatori polmonari. E praticamente tutti i software implementano il codice CIVAB nella scheda anagrafica delle apparecchiature.
Sta di fatto che dal 2008 l'OPT non effettua più alcun monitoraggio e il sistema di classificazione ufficiale è diventato il CND. Il CND purtroppo non è più "parlante". E' composto da una lettera, che identifica la tipologia di dispositivo e da una serie di numeri (sempre in numero pari) che ne caratterizzano la tipologia. Quali sono i vantaggi del CND? Innanzitutto il CND racchiude in sè tutti i dispositivi che rientrano nelle 3 direttive comunitarie citate sopra. I dispositivi impiantabili attivi sono racchiusi nei codici che iniziano con la lettera J. I dispositivi diagnostici in vitro sono quelli che iniziano con la lettera W. I dispositivi medici ai sensi della 93/42/CEE e successiva 2007/47/CE sono tutti gli altri. Quindi sono classificati tutti i dispositivi, non solo le apparecchiature. Inoltre pur non essendo il codice parlante, la struttura segue una gerarchia e quindi consente di raggruppare a piacere dispositivi in diverse radici.
Z1104 è genericamente "STRUMENTAZIONE PER ECOGRAFIA"
Z110401 sono gli "ECOTOMOGRAFI INTERNISTICI"
Z11048001 sono le "SONDE ECOGRAFICHE"

Da notare che è diverso anche il meccanismo con il quale viene assegnato il codice CND rispetto al CIVAB. Oggi è il fabbricante (o l'assemblatore) che fa richiesta di inserimento nel repertorio dei Dispositivi Medici al Ministero e sceglie un codice CND per il quale poi ottenere il numero di repertorio. Il risultato è che prodotti anche molto simili, ma di fabbricanti diversi, possono risultare avere codici CND diversi, nati da diverse scelte dei fabbricanti.
Quando cominciai a giocare con il CND, la prima lettera del CND mi generò una falsa convinzione: visto che tutti i dispositivi con la J erano gli IAD e tutti quelli con la W erano gli IVD, diedi per scontato che tutti quelli con la Z fossero Apparecchiature Elettromedicali. Non è così, invece.


Me ne accorsi non appena cominciai ad occuparmi di letti elettrici da degenza e di materassi antidecubito elettrici. Questi dispositivi rientrano infatti in varie codifiche (a seconda dei fabbricanti), V0801, V0899, Y181210 per i letti e Y033306 per i materassi. Niente Z. E si tratta a tutti gli effetti di Apparecchiature Elettromedicali, conformi alla norma tecnica IEC 60601-1.

Non solo, nella classificazione Z ritroviamo anche apparecchiature che rientrano ovviamente nei dispositivi medici attivi, ma che non sono Apparecchiature Elettromedicali, come ad esempio le autoclavi (Z12011304 e Z12011305).

Tornando al mio "cerchio", provo a fare qualche esempio, prendendo spunto dalla mia esperienza.
Percorrendolo in senso antiorario, nella prima zona rossa troviamo i DM non attivi (bisturi, cerotti, protesi, aghi, siringhe, ecc.) o quelli attivi che non siano A.E. (tutti i software DM, le apparecchiature per lavaggio, disinfezione e sterilizzazione). Poi troviamo le "classiche" A.E. (elettrocardiografi, defibrillatori, ecotomografi, apparecchi per risonanza magnetica, ecc.). Poi troviamo una piccola fetta di DM che risponde però alla norma tecnica di sicurezza sulle apparecchiature di laboratorio (IEC 61010-1), ad esempio le frigoemoteche. Poi comincia la famiglia degli impiantabili attivi che, a parte gli impiantabili non elettrici, tipo gli elettrocateteri, va a braccetto con la UNI CEI EN 45502-1 (pacemaker, defibrillatori impiantabili, neurostimolatori, impianti cocleari, ecc.). Poi abbiamo i diagnostici in vitro. A parte provette, cuvette, bicchieri, tubi, contenitori, vaschette, ecc., le apparecchiature rispondono alle norme di sicurezza contenute nella IEC 61010-1. Infine abbiamo una terra di nessuno. In questa terra di nessuno ci finiscono alcune apparecchiature che seguono talvolta la IEC 61010-1 pur non essendo IVD ai sensi della 98/79/CE (ad esempio molti frigoriferi "biologici") e talvolta apparecchiature completamente "domestiche", come frigoriferi "non biologici" o alcuni fornetti incubatori (che io ho battezzato del "Mulino Bianco", buoni forse per riscaldarci le "nastrine", meno magari per le colture microbiche) che spesso ho trovato nei laboratori. Gli esempi seguono ovviamente la mia esperienza, non saprei neanche quanti altri casi di apparecchiature borderline esistono nelle nostre aziende sanitarie, probabilmente ancora molte.

PS. Si ringrazia, per il suo contributo indiretto a questo articolo, l'insostituibile collega Diego Giansanti. Se c'è qualche informazione corretta in questo articolo, lo si deve a lui. Tutte quelle sbagliate, invece, sono merito mio.

7 commenti:

  1. Ciao Gianluca,

    sono un collega di Milano (per dettagli vedi Linkedin), e prima di tutto ti ringrazio per questo interessantissimo blog. Stai scegliendo argomenti molto azzeccati, di quelli su cui anche io prima o poi mi sono dovuto scervellare (o ho dovuto litigare): vengono sempre dati per scontati, ma appena tocca approfondirli si entra in un ginepraio! Credo che adesso in università se ne parli di più, ma come tu stesso racconti, anche io certe cose ho dovuto impararmele da solo dopo aver iniziato a lavorare.
    Fai conto, giusto per tornare “in topic”, che quando ho iniziato a occuparmi di calendarizzazione delle verifiche elettriche mi sono trovato di fronte a gente che voleva verificare annualmente secondo 62-5 le sviluppatrici, perché essendo classificate dispositivi medici, ed essendo elettriche, “allora sono elettromedicali”. Oppure ho visto piccole cliniche in cui il global service verificavano anche le affettatrici della mensa!

    Ed è proprio su questo che vorrei approfondire il tuo post: quali sono le ricadute concrete delle problematiche di classificazione?

    A me vengono in mente alcuni problemi emersi nel corso degli anni, che non hanno mai trovato una risposta netta. Scusa se sono lungo, ma vorrei buttare giù un po’ di esempi (tutti reali):
    1) Periodicità di verifica. Da “consiglio” della 62353 un elettromedicale privo di indicazioni specifiche del produttore, dovrebbe essere verificato ogni tre anni al massimo. Ma se per esempio è vero che un diafanoscopio non rientra nella definizione di elettromedicale, quando invece scopro che il produttore me l’ha classificato proprio così, inserendo anche la 60601-1 sulla dichiarazione di conformità, che faccio? (Tralasciando i commenti sull’utilità di certe verifiche elettriche, perché questo sarebbe argomento per altri dieci post).
    2) Destinazione d’uso. In ospedale sono obbligato a usare SOLO apparecchiature classificate come dispositivi medici? In laboratorio analisi SOLO apparecchiature classificate come IVD? La risposta indicativamente è no, però quando ci si addentra nel dettaglio si va in crisi: un anestesista usa un computer non MD in ufficio ma glielo vogliamo garantire MD in sala operatoria. E’ coerente? Non basterebbe risolvere le problematiche relative alla sicurezza elettrica in area paziente come suggerito dalla 60601? O anche: il laboratorio usa un frigorifero bellissimo, nuovo, monitorato, ma non IVD… e se poi ci mette dentro dei campioni? (per inciso, se vai a vedere nel dettaglio le norme tecniche applicabili per frigo e congelatori è un disastro, non c’è solo la 61010, ce ne sono almeno altre due e nessuna ha un campo di applicazione univocamente sovrapponibile con le esigenze di ospedali e laboratori).
    3) Apparecchiature borderline. Legato al punto precedente: la palestra per la riabilitazione può usare cyclette non MD? La maternità può usare tiralatte non MD? Va da sé che finché nessuno produce tiralatte MD siamo a posto, ma quando cominciano a entrare sul mercato? Anche perché poi di solito un’apparecchiatura perfettamente identica alle altre, per il solo fatto di avere la marcatura raddoppia di prezzo…

    Ne avrei altri ma mi limito. Non chiedo risposte, è solo per buttare un po’ di carne sul fuoco e condividere i dubbi. Se poi qualcuno riesce pure a rispondere, tanto meglio!
    Intanto, grazie ancora per questo tuo lavoro.

    Luca

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    1. Caro Luca,
      Grazie degli spunti interessanti.

      Sulla questione della periodicità/opportunità delle VSE, io ho un'idea molto chiara. Si deve andare verso la deregolamentazione, un po' nella direzione della 81/08. Mi spiego meglio. Le norme tecniche non potranno mai coprire tutti i casi possibili e in alcuni casi sono anche inapplicabili (il caso del PC non medicale è un classico). La soluzione è identificare un responsabile che faccia l'analisi del rischio, e che se ne assuma chiaramente la responsabilità. Ho un PC in sala operatoria? Bene, gli faccio fare le VSE annuali alla stregua di un'Apparecchiatura Elettromedicale di classe BF, considerando il possibile contatto accidentale con il paziente. Le supera? Ok. Non le supera? Dico di spostare il PC fuori dalla zona paziente. Non è possibile? Scrivo che quel PC per me non può stare in s. o. e se ne deve comprare uno medicale.
      Ti racconto una cosa che è successa nella mia azienda tempo fa. Un dipendente si mise a cogliere dei funghi che nascevano all'interno del parco dell'ospedale. Li ha mangiati e si è sentito male. Il direttore generale ha allora affisso per tutto il parco il divieto di cogliere i funghi. Ad un corso sulla 81/08, tenutosi proprio in azienda, chiesi al docente se il direttore avesse agito bene e se non stesse allora peccando di omissione non affiggendo manifesti ovunque che vietassero i comportamenti più assurdi: "Vietato prendere a testate i muri", "Vietato arrampicarsi sui pali della luce", ecc. La risposta del docente, semplice, quanto essenziale, fu "E' un semplice problema di analisi del rischio". Il direttore non sarà accusato di non aver messo preventivamente un cartello assurdo, ma l'incidente ha fatto in modo che il suo RSPP rivalutasse il rischio e lo ritenesse meritevole di un'azione preventiva". Le norme tecniche ci piacciono perché ci dicono cosa fare, ma è chiaro che ogni tanto dobbiamo coprire noi le loro lacune, assumendoci un po' di responsabilità. Tra i nostri compiti c'è quello di stilare il piano di manutenzione e di verifiche di sicurezza. Lo facciamo seguendo le norme tecniche laddove possibile, seguendo la nostra professionalità negli altri casi.

      Sul discorso MD/non MD, IVD/non IVD, siamo davvero nella giungla. Anche qui io ho una mia idea, ed è quella della "consapevolezza". Tempo fa è capitato il caso di un "Tapis roulant" comprato da un famosissimo distributore di articoli sportivi, al posto di una PEDANA A NASTRO MOBILE PER USI FIOSTERAPICI E/O DIAGNOSTICI (Z129006). E' legale? E' illegale? E' semplicemente rischioso? Ma soprattutto, secondo te, il cardiologo che l'avrebbe dovuto usare, aveva la più pallida idea della differenza? Il primo problema, secondo me, è proprio il grado di consapevolezza degli operatori. Sono loro che dovrebbero capire le differenze, conoscere i rischi e agire di conseguenza. Mi sarei tolto il cappello di fronte ad un cardiologo che avesse detto (e magari scritto e firmato): "Sono perfettamente consapevole che questo dispositivo non è certificato come MD ai sensi della 93/42 ma ritengo che, per le attività cliniche per le quali è utilizzato all'interno mià unità, il rischio clinico del suo utilizzo sia accettabile, una volta che ne siano stati verificati i requisiti di sicurezza elettrici". A quel punto la palla sarebbe passata all'ingegneria clinica, che in assenza di norme tecniche seguite dal costruttore (il tapis roulant non è sicuramente conforme alla IEC 60601-1) avrebbe dovuto effettuare la sua analisi del rischio e a quel punto decretare la possibilità o meno di utilizzarlo. Il ruolo degli ingegneri nelle aziende sanitarie dovrebbe essere anche questo: fare da interfaccia al personale sanitario per creare una maggiore consapevolezza complessiva su determinate problematiche. Non possiamo pensare di gestire l'asset delle apparecchiature senza scambiare due parole con il personale che utilizza quell'asset tutti i giorni.

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  2. Salve,
    volevo fare una domanda: quando si parla di verifiche elettriche all'interno dei laboratori mi sembra di aver capito che tutti gli strumenti devono avere la classificazione secondo la 61010?
    se prendo uno strumento come l'unimet 800 della Fancos che esegue le verifiche secondo la (62-148) o 62353 che dir si voglia...
    posso fare anche le verifiche degli strumenti di un laboratorio analisi? elettromedicali ecc?
    ho un pò di confusione al riguardo!
    grazie mille in anticipo per la risposta.

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    1. Ciao Anonimo :-D,
      La 61010 (66-5), così come la 60601 (62-5), è una norma tecnica di riferimento per i fabbricanti. Prima dell'avvento della 62353 (62-148) era prassi utilizzare le norme dei fabbricanti per le verifiche periodiche. La 62353 introduce proprio il concetto che fabbricante e gestore dell'apparecchiatura non possono mai essere in grado di eseguire le stesse verifiche (e probabilmente non serve che lo facciano). Quindi la 62353 è applicabile a tutte le apparecchiature biomediche, elettromedicali e non. Non solo. la 62353 è applicabile anche ad apparecchi che non sia stati destinati ad uso medico dal fabbricante, qualora si ritenga che possano venire a contatto accidentale con il paziente (classico esempio, un PC in zona paziente). Ovviamente in quest'ultimo caso, nell'analisi dei risultati, va tenuto in conto che il fabbricante non ha effettuato nessuna verifica ai sensi delle norme suddette e non avrà quindi adottato particolari accorgimenti. Interviene in questo caso la professionalità dei servizi deputati alle verifiche, nell'eseguire una corretta analisi del rischio e quindi di prendere la decisione di lasciare quell'apparecchiatura li dov'è, di consigliare di spostarla fuori dalla zona paziente, o di consigliare di sostituirla con un'altra apparecchiatura idonea.

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    2. grazie mille Gianluca, sei stato molto utile.
      buona giornata.

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  3. Salve, molto interessante. Volevo chiederle se posso confrontarmi con lei circa la certificazione di un frigo portatile a Co2 prodotto in US per trasporto di sangue, farmaci ecc.. che dobbiamo inserire nel mercato italiano. Ci stavamo chiedendo se fosse indispensabile inquadralo come DM e in che classe .... abbiamo visto che molti dispositivi analoghi con siberini con sono registrati come DM..

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