lunedì 4 maggio 2015

Sotto la campana di vetro

Qualche giorno fa ho partecipato ad un tavolo di lavoro sulla telemedicina. Una bella iniziativa, tesa anche ad analizzarne gli aspetti medico-legali. Contrariamente a molte iniziative del genere, mi è sembrata piuttosto concreta, anche considerando gli obiettivi che si è dato il tavolo.
Durante il giro di interventi sono venuti fuori problemi spesso ricorrenti quando si approcciano temi legati all'e-Health in generale. Forse per ognuno di questi si potrebbe scrivere un post dedicato.
Ad esempio un aspetto molto interessante, e anche piuttosto frustrante, è stato quello legato alla constatazione che le sperimentazioni legate alla telemedicina restino sempre tali, aldilà dei risultati ottenuti. In altre parole io posso anche dimostrare scientificamente che, con un programma di dimissione domiciliare protetta, grazie all'utilizzo di un protocollo di cura e di determinati medical device, ho fatto ottenere un risparmio ad un'azienda sanitaria ed una migliore qualità di vita ad un paziente, ma nonostante questo, terminata la sperimentazione, nel 99% dei casi, si smonterà l'ambaradan e si tornerà tutti a casa. I progetti di telemedicina che vanno a regime sono chimere.

Ma c'è un altro punto che è venuto fuori, e che è forse più vicino a noi ingegneri clinici.
Il tavolo era discretamente ricco, come figure professionali. C'erano responsabili dei Sistemi Informativi (CIO, come piace chiamarli oggi), c'erano professionisti di medicina legale, c'erano avvocati, c'era il mondo delle aziende private, con alcune tra le maggiori fornitrici di servizi telematici per il mondo della sanità.
Un coro quasi unanime si è alzato contro la iper-regolamentazione che probabilmente aleggia costantemente su tematiche come queste: lo spettro della privacy innanzitutto. Ma anche un'eccessiva regolamentazione tecnica.

Ero al tavolo come rappresentante del gruppo di lavoro ICT di AIIC: AIIC ha intuito da tempo infatti che il confine tra ingegneria clinica e sistemi informativi si andrà sempre più assottigliando, anzi si creeranno probabilmente delle aree di overlap, all'interno delle quali occorrerà necessariamente coordinamento tra le diverse figure professionali. Così ha istituito questo tavolo di lavoro del quale facciamo parte io e i colleghi Maurizio Rizzetto e Andrea Gelmetti. Per ragioni geografiche (il tavolo era a Roma), mi ci sono ritrovato io. Forse un po' ingessato inizialmente dal ruolo "istituzionale" che ricoprivo, ho provato a sottolineare come la regolamentazione tecnica debba essere vista come una tutela e non come un fattore limitativo. Sono però apparso inizialmente un po' troppo difensore della categoria, ruolo che non mi si addice troppo, come sa chi mi conosce un pochino. Tuttavia, dopo un po' di battute, alcune anche molto divertenti, scambiate soprattutto con Luigi Zampetti di Telecomitalia, che approfitto per salutare, sono riuscito ad esprimere il mio punto di vista. Del resto è innegabile che il terreno sul quale ci si muove stia diventando sempre più insidioso, anche per la regolamentazione tecnica. Immaginiamo ad esempio un'applicazione di telemedicina che si basi sull'utilizzo di un smartphone di proprietà del paziente. Al paziente viene fornita esclusivamente una band, un device medicale che rileva parametri vitali, connesso con un'app dello smartphone, che invia dati ad una sede remota, magari un ospedale. Semplicità, economicità, praticità. Ma anche rischi, chiaramente. E se lo smartphone del paziente è mal tenuto? E' pieno di "munnezza", per usare un termine tecnico, software o addirittura danneggiato? Possiamo "fidarci" della trasmissione dati che stiamo ricevendo?
Nel banalizzare (non cito tutto il lavoro che si sta facendo in questa direzione, ché risulterei oltremodo noioso) il problema, che non è per niente banale, la mia mente vagava nel cercare un'analogia che rendesse più chiaro, anche e soprattutto a noi ingegneri clinici, la situazione. Mi è venuta in mente sul treno al ritorno, quando ormai non ci speravo più.

Immaginiamo l'assistenza sanitaria, come un servizio di trasporto. L'autista è l'operatore sanitario, mentre i passeggeri sono i pazienti. Dietro le quinte, a lavorare per rendere maggiormente efficace questo trasporto, ci sono gli "informatici" e gli "ingegneri clinici". All'inizio decidono di lavorare in modo indipendente, senza coordinarsi gli uni con gli altri.
I risultati sono inevitabilmente i seguenti.

I primi vogliono far viaggiare tutti su questo mezzo:


I secondi su quest'altro:


E' evidente che entrambe le strategie sono da rivedere. Viaggiare su un razzo (e credetemi, l'analogia non è esagerata: oggi la tecnologia è in grado davvero di inventarsi soluzioni fantascientifiche, tanto che da più parti ormai è assolutamente palese che i limiti non sono tecnologici, ma organizzativi) può farci arrivare super-velocemente, sempre se arriviamo. Viaggiare su un carro armato, al contrario, può darci un enorme senso di sicurezza, ma diventa anche un po' inutile se, alla fine, arriviamo prima a piedi. 

La soluzione è quindi trovare un compromesso. La metodologia dell'analisi del rischio è oggi sufficientemente matura per cercare di identificare i rischi assolutamente inaccettabili, e quelli tollerabili.

L'obiettivo è quello che "informatici" e "ingegneri clinici" lavorino insieme per far viaggiare operatori sanitari e pazienti su mezzi come questi

dove le prestazioni e la sicurezza sono curate in egual misura, avendo ben chiaro il risultato che si vuole ottenere. Certo, poi altrettanto importante sarebbe l'aspetto relativo alla formazione: gli operatori sanitari saranno in grado di mettersi alla guida di tecnologie così avanzate? O stiamo dando "a pazziella in mano 'e creature", come diciamo a Napoli? Ma questa è un'altra storia.

Approfitto biecamente dell'occasione, per lanciare quindi un invito al prossimo, e ormai imminente, Convegno Nazionale AIIC, che si terrà quest'anno a Cagliari tra il 14 e il 16 maggio prossimi. Nella mattinata del venerdì è infatti prevista una sessione che tende proprio ad affrontare alcuni di questi temi, moderata da me e da Maurizio Rizzetto.

Tutte le info le trovate sul sito web www.convegnonazionaleaiic.it. Vi aspetto!


1 commento: